Sembrava un tartufo – Parte terza (repost)

La terza parte doveva essere l’ultima, ma come già detto il racconto vive di vita propria ed il dialogo fra il misterioso venditore ed Ottavio diventa molto più lungo del previsto.

Parte terza

«Buongiorno, mi scusi per il momento in cui passo ma sono in partenza per un lungo viaggio» esordisce lo sconosciuto mentre Ottavio lo invita ad entrare nel suo modesto studio.


«Mi chiamo Ettore Massa, e mi sono permesso di disturbarla perché ho sentito parlare del suo interesse per il tartufo, in particolare per le varietà meno conosciute. Penso di poterle proporre qualcosa di veramente unico, una varietà il cui segreto ci siamo tramandati di generazione in generazione.»

«E come mai vi siete deciso a tradire un segreto così ben custodito? Problemi economici? »

«Assolutamente no, non navigo nell’ora ma ho sufficienti risparmi per il lungo viaggio che sto per intraprendere verso l’India e il Tibet, alla ricerca della mia, della nostra vera essenza. Il problema consiste nel fatto che io ormai vivo da solo, mia moglie è morta da anni e non abbiamo avuto figli. Non ho stima dei pochi parenti che mi sono rimasti e non voglio che il nostro antico segreto finisca nelle mani sbagliate.»

«Ma un cibo, una spezia, nono dovrebbe essere un segreto, dovrebbe essere possibile per tutti avere l’occasiona di gustarla almeno una volta nella vita?»

«Lei è un cuoco ed è per questo e per il suo amore per la cucina che l’ho scelta. Non so perché i miei avi riservassero l’uso del nostro “tartufo” solo per speciali celebrazioni all’interno della nostra famiglia anche se una parte dei motivi li capirete fra poco. La nostra tradizione vuole che il prodotto sia usato in modo molto parco: si narra che uno dei nostri antenati sia morto di fame dopo averne abusato perché non voleva mangiare altro. Io ormai lo uso solo in occasione del mio compleanno e dell’anniversario di matrimonio»

«Mi scusi se sono piuttosto scettico rispetto a quanto mi sta raccontando: ha portato con se questo “tartufo” portentoso? »

A questo punto il sig. Ettore tira fuori un cartoccio dalla vecchia bisaccia che ha sulle spalle e dal cartoccio estrae un piccolo tartufo non più grande di una ciliegia e lo porge ad Ottavio

«Lo maneggi con cautela» gli dice «ne ho solo un altro più o meno come quello»

«Ne ha solo un altro? Così piccolo? Ma è troppo poco …» intanto però la particolarità dell’aroma di quel tartufo giunge alle narici o forse al cervello di Ottavio, che smette di protestare e rimane quasi in trance per qualche secondo, poi si riprende «il suo tartufo sembra davvero qualcosa di particolare, che non vedo l’ora di provare, ma non ne ha davvero altri? »

«Il nostro segreto è anche nelle modalità in cui questo tartufo può essere coltivato» mentre parla l’uomo estrae dalla bisaccia un piccolo otre di cuoio, e da questo versa un pizzico di una polvere marrone dalla grana grossa nel palmo di una mano «Il segreto è in queste spore che vanno mescolata al terriccio di un piccolo vaso»

«Ma non ho mai sentito parlare di tartufi coltivati in vaso! »

«Il nostro segreto è stato sempre gelosamente custodito, e poi c’è un problema: quella polvere che ha visto è da sempre la stessa» e dicendolo riversa nel piccolo otre il contenuto della sua mano «possiamo recuperarla ma ogni volta che si usa se ne spreca qualche piccolo granello. Si tratta di un di catalizzatore il cui segreto è ormai andato perduto, e funziona solo con quel determinato tipo di tartufo»

Tirando fuori un piccolo libro con il dorso in pelle Ettore continua: «Sbriciolando un tartufo insieme alla giusta quantità di polvere attivatrice e di terriccio può ottenere dopo circa due anni, due o tre tartufi, a volte purtroppo uno solo. In questo libro ci sono tutte le istruzioni per riuscire ad ottenere il massimo»

«Ma chi mi dice che non sia tutto un inganno? »

«Il tartufo lo ha visto ed annusato, ed in quanto al pagamento mi darà quello che tu ritieni giusto»

Ottavio rimane un attimo in silenzio pensieroso e poi dice:

«Va bene, mi ha convinto. I tartufi che mi ha portato ve li pagherò a peso come il più pregiato dei tartufi bianchi, in quanto al resto non mi fido, mi sembra tutto troppo strano, ma sono disposto a provare e a pagarla per la produzione dei prossimi cinque anni se mai nascerà qualcosa»

«Allora l’accordo è concluso, ad un patto: quando rientrerò dal mio lungo viaggio, se mai ritornerò, mi piacerebbe assaggiare una delle pietanze che sarà riuscito a creare con l’aiuto del mio tartufo»

Concluso l’accordo con una stretta di mano, lo strano signore lascia ad Ottavio il cartoccio con i due tartufi, l’otre di pelle con la polvere ed il vecchio libro con il dorso in pelle, intasca il compenso pattuito, saluta e va via fischiettando uno strano motivetto mai sentito prima.

Ottavio lo guarda andar via, impaziente di sperimentare il nuovo ingrediente, mentre uno strano senso di angoscia, quasi un infausta premonizione, comincia a farsi strada in lui.

(continua)

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