Sembrava un tartufo – Parte seconda (repost)

Arriva la seconda, tormentata, parte del mio racconto. Tormentata perché il racconto ha vita propria e non ne vuol sapere di andare nella direzione inizialmente prevista. Ci sono dei personaggi appena tratteggiati che spariscono il rigo dopo: che fine ha fatto Matteo Siddi, il cuoco sardo? Non potevo farlo a meno di battezzarlo con nome e cognome? Potevo anche fare a meno di far sposare Ottavio, e di Stella, la moglie, non c’era nessuna necessità! Quello che mi serviva era solo “il tubero” e alla fine al tartufo ci sono arrivato!.

Al momento l’idea è quella di farne più un racconto fantastico che di fantascienza, ma a tratti comincio a pensare che qualcosa si è impossessato di me e che sto raccontando una storia vera! La terza ed ultima parte dovrebbe svelare l’arcano finale di questo racconto (i maligni penseranno sicuramente che “arcano destino” è un sinonimo di cestino)

Parte seconda

I primi giorni Luigi mal sopporta il ruolo di capo cuoco di Ottavio. Se fosse stato più anziano e con tanta esperienza avrebbe capito, ma che debba prendere ordini da un ragazzo della sua età, e per giunta senza nessuna istruzione specifica, non gli sembra giusto nonostante il suo ruolo di neo-assunto.

Ben presto, però, si rende conto del talento innato di Ottavio, talento che nessuna scuola avrebbe mai potuto insegnare.

Superate le incomprensioni iniziali, fra di due nasce presto una profonda amicizia e i frutti della loro collaborazione cominciano a vedersi fra i clienti della trattoria.

Non tutti i vecchi clienti sono contenti delle variazioni proposte dal giovane cuoco, tant’è che per i più affezionati è lo stesso Emilio a preparare qualcosa secondo la tradizione del locale.

Ma i nuovi, soprattutto giovani, sono tanti e vengono per degustare le nuove proposte sfornate di continuo da Ottavio.

Il suo è un vero talento nell’azzeccare al primo tentativo nuove combinazioni di sapori: a dire il vero la sua sicurezza è eccessiva e qualche volta ha portato in tavola, senza nemmeno assaggiarli, dei piatti che definire terribili è dir poco.

Niente comunque che non si sia risolto con l’omaggio di una nuova cena tradizionale.

Sono passati tre anni da quando Ottavio ha avuto il posto di cuoco.

La trattoria si chiama sempre “Da Emilio” ma molti ormai dicono di andare a cena “da Ottavio”: la cosa non fa certo piacere al vecchio trattore che si consola però con gli abbondanti incassi

Nel frattempo Ottavio si è innamorato di una delle cameriere del locale, Stella, e a breve dovrebbero fissare la data del loro matrimonio.

Il ragazzo però è tormentato da un idea fissa, quella di aprire un locale tutto suo, dove davvero la sua fantasia si possa sbizzarrire senza dover dar conto ad un “capo”.

Non se la sente però di tradire la fiducia concessagli da Emilio, ormai settantenne, e forse potrebbe acquistare proprio il suo locale.

Ma i soldi che ha messo da parte sono ancora troppo pochi, nonostante il recente aumento di stipendio e non è sicuro che la banca gli farebbe credito.

Stella è una donna adorabile, semplice che spesso non capisce le smanie di cambiamento del suo ragazzo. «Ora bisogna risparmiare per il matrimonio e dovremo trovare un casettina tutta per noi» è la frase che dice sempre ad Ottavio.

Ed è la saggezza di Stella ad avere la meglio: si sposano e vanno a vivere in una piccola casetta di proprietà dei genitori della ragazza. Presto arriva anche il primo figlio, che non può non venir chiamato come il nonno paterno, Michele. La mamma in cuor suo sta già pensando di chiamarlo Mike, come quel buffo omino che dice sempre “Allegria!” alla TV. Forse presto anche loro si potranno permettere quella specie di scatola magica.

Il sig. Emilio, viene sempre meno alla trattoria, ora è proprio Luigi, l’ex aiuto cuoco, ad occuparsi della gestione del locale in sua assenza.

Ottavio, quella sera, sta per proporre la sua ultima creazione, la “Banana flambé al pepe verde”, che come al solito, è sicuro, sarà un vero successo. C’è una cosa però qualcosa che lo tormenta, con quel continuo cambiare gli ingredienti e proporre piatti nuovi, la sua cucina è indefinibile, i suoi piatti non sono riconoscibili. Certo sempre buoni, soprattutto originali, ma sempre diversi.

Vorrebbe trovare un ingrediente, una sfumatura del gusto che contraddistingua i suoi piatti, qualcosa di originale e difficilmente imitabile. Ed è per questo motivo che non solo sperimenta l’uso delle più raffinate varietà di tartufo, a volte anche rimettendoci per non far pagare un costo eccessivo ai cuoi clienti.

Prova anche diverse varietà provenienti dall’estero e spezie ed ingredienti tipici di altre cucine, ma è soprattutto un tartufo nero, lo scorzone, l’ingrediente che più si avvicina al suo immaginario ingrediente magico.

Ormai è convinto che anche la più piccola variazione del terreno in cui il tartufo è coltivato potrebbe portare al risultato perfetto.

Si diffonde la voce fra i cercatori di questo cuoco alla ricerca del tartufo perfetto, e sempre più spesso qualcuno di loro si presenta “da Emilio” per proporre il suo prodotto.

Uno di questi, una domenica mattina, si presenta addirittura a casa di Ottavio. Stella lo riceve con una certa diffidenza, mentre il piccolo Mike guarda con occhi curiosi quello strano signore che parla come certe persone alla TV.

«Sembra uno straccione, ma parla come un professore» pensa la donna mentre si reca a chiamare il marito, che persino a casa, la domenica mattina è intento a perfezionare le sue ricette, magari una salsina al tartufo e prugne secche per insaporire lo stufato.

(continua)

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